
Congregazione Religiosa SS. Pietro e Paolo
Giudisdizione Sui Juris per l'Italia
Riconoscimento della Personalità Giuridica Prot. n° 1025/2014 Ufficio Territoriale del Governo di Roma.
Gesù ci attende in cielo
In questo mistero culmina l’esaltazione di Cristo glorioso.
Secondo il Vangelo di san Luca l’ultimo gesto di Gesù sulla terra fu un gesto di benedizione. Gli Undici erano andati dalla Galilea verso il monte che Gesù aveva loro indicato, il monte degli Olivi, vicino a Gerusalemme. Vedendo di nuovo il Risorto, i discepoli “gli si prostrarono innanzi”, lo adorarono come loro Maestro e loro Dio. Erano, adesso, più profondamente consapevoli di quanto già da tempo serbavano in cuore e avevano confessato: che il loro maestro era il Messia. Erano stupiti e pieni di gioia nel rendersi conto che il loro Signore e Dio era stato loro così vicino. Dopo quegli ultimi quaranta giorni in sua compagnia avrebbero potuto testimoniare quello che avevano visto e udito; lo Spirito Santo li avrebbe confermati nella dottrina di Gesù e avrebbe insegnato loro la verità completa. Il Maestro parla agli apostoli con la maestà propria di Dio: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra». Gesù conferma la fede di coloro che lo adorano, e insegna che il potere che stanno per ricevere deriva dal suo potere divino. La facoltà di perdonare i peccati, quella di rinascere a una vita nuova mediante il Battesimo, è lo stesso potere di Cristo che si prolunga nella Chiesa. Questa è la missione della Chiesa: continuare per sempre l’opera di Cristo, insegnare agli uomini le verità intorno a Dio e le esigenze derivanti da queste verità, aiutarli con la Grazia e i sacramenti. È Gesù a dirlo: «“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Detto questo fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo». Così san Luca ci descrive l’Ascensione del Signore nella prima lettura della Messa. Fu elevato a poco a poco. Gli apostoli si fermarono a lungo guardando Gesù che ascendeva con immensa maestà mentre dava loro l’ultima benedizione, finché “una nube lo sottrasse al loro sguardo”. Era la nube che accompagnava la manifestazione di Dio, il segno che Gesù era già entrato nei cieli. La vita di Gesù sulla terra non finisce con la sua morte in croce, ma con l’Ascensione al, cielo. È l’ultimo mistero della vita terrena del Signore. È un mistero redentore, che, con la Passione, la Morte e la Risurrezione, costituisce il mistero pasquale. Era conveniente che coloro che avevano visto morire Cristo sulla croce tra insulti, offese e schemi fossero testimoni della sua esaltazione suprema. Si compiono ora sotto lo sguardo dei suoi le parole che un giorno aveva detto loro: «lo salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro». E le altre: «lo non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te». Contempliamo l’Ascensione del Signore al cielo nel secondo mistero glorioso del Santo Rosario. «Gesù è andato al Padre. Due Angeli in bianche vesti si avvicinano a noi e ci dicono: “Uomini di Galilea, perché restate a guardare il cielo?” (At 1,11). Pietro e gli altri tornano a Gerusalemme cum gaudio magno ‑con grande gioia- (Lc 24, 52). È giusto che la Santa Umanità di Cristo riceva l’omaggio, la lode e l’adorazione di tutte le gerarchie degli Angeli e di tutte le schiere dei beati del Cielo». L’Ascensione rafforza e incoraggia il nostro desiderio di raggiungere il cielo. Ravvivare questa speranza. La speranza del cielo riempirà di gioia il nostro cammino quotidiano. Imiteremo gli apostoli, che “trassero un tal vantaggio della sua ascensione, da trovare motivo di gioia in quel che in precedenza ispirava loro timore. Il loro spirito era unicamente rivolto a contemplare la divinità del Cristo, assiso alla destra del Padre: non c’era più ostacolo della visione del corpo che impedisse loro di considerare bene il fatto che egli, venendo nel mondo, non aveva lasciato il Padre, come risalendo al cielo, non si era allontanato dai discepoli”. Gli angeli invitano gli apostoli a incominciare l’immenso compito che lì aspetta: non c’è un istante da perdere. Con l’Ascensione termina la missione terrena di Cristo e comincia quella dei discepoli, la nostra. Oggi, nell’orazione, ascoltiamo le parole con le quali il Signore intercede per noi presso il Padre: «Non chiedo che tu li tolga dal mondo», dal nostro ambiente, dal lavoro, dalla famiglia, «ma che li custodisca dal maligno». Il Signore vuole infatti che ciascuno, nel suo ambiente, continui il compito di santificare il mondo, per migliorarlo e metterlo ai suoi piedi: le anime, le istituzioni, le famiglie, la vita pubblica. Perché solo così è possibile valorizzare e rispettare la dignità umana nel mondo e convivervi in pace, nella vera pace, strettamente legata all’unione con Dio. Coloro che vivono con noi o che ci frequentano devono accorgersi che siamo leali, sinceri, allegri, laboriosi; dobbiamo comportarci da persone che compiono i loro doveri con onestà e sanno comportarsi da figli di Dio nelle circostanze della vita quotidiana. Le stesse norme del vivere civile ‑che per molti rimangono una convenzione esteriore, necessaria al rapporto sociale‑ devono essere frutto della carità, manifestazione di un atteggiamento interiore di interesse verso gli altri: così il saluto, la cordialità, lo spirito di servizio. Gesù se ne va, ma rimane molto vicino a ciascuno. In modo particolare è presente nel Tabernacolo più vicino, forse a meno di un centinaio di metri da dove lavoriamo o viviamo. Lì possiamo andarlo a trovare. Non tralasciamo di andarci molte volte, anche solo col cuore, come sarà il più delle volte, e diciamogli che ci aiuti nel nostro impegno apostolico, che conti su noi per diffondere in tutti gli ambienti la sua dottrina. Gli apostoli tornarono a Gerusalemme insieme a Maria, aspettando accanto a Lei la discesa dello Spirito Santo. Prepariamoci anche noi, in questi giorni, alla festa di Pentecoste ormai prossima, stando molto vicini alla Madonna.